Un debito pubblico USA fuori controllo
Il debito pubblico USA è fuori controllo, non bastano dazi e tagli alla già esigua spesa pubblica ad attirare capitali nel paradiso americano, come vorrebbe far intendere il governo Trump. Il debito pubblico ammonta oggi a più di 36000 miliardi di dollari, nessuno sembra disposto a rifinanziare i buoni del tesoro americano come avveniva in passato, inoltre oggi anche il dollaro non gode di grande fortuna, altre monete ne hanno eroso il potere costruito in un secolo di imperialismo a stelle e strisce, la disponibilità a rifinanziare il debito USA non trova più l’immediata disponibilità di qualche finanziatore come avveniva nel recente passato. Lo scatenarsi del caos generato dai dazi punta allo sviluppo di accordi bilaterali negoziati paese per paese per ottenere finanziamenti a breve e a lunga scadenza. Negoziano vendita di bond per finanziare il loro debito, e sistemi d’arma questo è ciò che gli USA oggi hanno da offrire al resto del mondo.
Inoltre non bisogna sottovalutare che, come fa qualcuno in Confindustria, le risorse per finanziare il debito USA sarebbero comunque sottratte al mercato azionario, peggiorando la già critica finanziarizzazione del sistema produttivo.
La UE come terreno di conquista per i fondi speculativi
L’Europa non va meglio, la crisi del modello tedesco ha fortemente ipotecato la tenuta politica ed economica del capitalismo continentale. In questa congiunture la UE diventa terreno di conquista per i fondi speculativi (di tutti i tipi, HI-TECH compresa) il loro inserimento utilizza la progressiva distruzione del Welfare universale e la drastica riduzione delle coperture assistenziali fin qui garantite dagli Stati. L’aumento della povertà e l’utilizzo speculativo dei risparmi dei cittadini Europei; l’inserimento nel capitale azionario dell’industria bellica dove entrano i capitali dirottati dalla spesa pubblica e dagli aumenti del debito pubblico dei vari paesi EU. Questo fenomeno ha avuto una accelerazione e si è visto maggiormente dalla dichiarazione di ostilità alla Russia.
Il capitalismo finanziario è in crisi in tutto il mondo cosiddetto occidentale, la propria oligarchia al comando intende mantenersi al potere comunque, utilizzando quelle che volgarmente vengono chiamate spinte “sovraniste”, o semplicemente “ europeiste”, in tutti e due i casi si tratta di perseguire gli obbiettivi dell’accumulazione del capitale a tutto vantaggio della classe di oligarchi al potere, a spese dei lavoratori che pagheranno questa crisi economica attraverso un maggior indebitamento pubblico per sostenere guerre e spese militari. Un nuovo ciclo di dominio del capitalismo si sta imponendo in tutto il mondo, la crisi del finanzcapitalismo sta manifestandosi apertamente, e il ricorso alla spesa per armamenti si impone per il nuovo ciclo di accumulazione.
La Germania, oggi guidata da un uomo del fondo finanziario Black Rock ha impresso una accelerazione per la spesa bellica, le borghesie salutano con favore questa nuova fase.
Il riarmo come costante del debito pubblico per attenuare la crisi del capitalismo finanziario
È inutile richiamare i disastri del passato, anche gli anni trenta del secolo scorso hanno avuto la loro peculiarità nel riarmo come spesa pubblica per attenuare la crisi del capitalismo finanziario del 1929.
Oggi come allora a farne le spese, sociali e umane , furono i lavoratori e le lavoratrici, trascinate in una guerra che non volevano.
Le élite al potere oggi come allora ne usciranno indenni, i costi non sono mai a loro carico.
Si consolida a livello planetario una forma di democrazia “illiberale”, trasparente quanto tendenzialmente autoritaria.
Uno degli elementi che caratterizzano la crisi in atto merita di essere posto in evidenza, l’oligarchia al comando, che fino ad ora sembrava una entità metafisica si sta materializzando, nomi, cognomi, residenze degli uomini e delle donne che esercitano il loro dominio planetario portandoci in guerra hanno i loro volti e i loro nomi sui giornali che controllano e sulle televisioni che ne propagandano le scarse qualità umane che non possono più dissimulare.
L’informazione è completamente imbavagliata, non passa nulla che non sia gradito ai padroni e al sistema di comando, notizie inutili vengono immesse di proposito nel circuito mediatico allo scopo di creare maggiore confusione.
La tanto decantata democrazia liberale è defunta, l’espressione politica dei parlamenti è una semplice variabile degli equilibri del capitale e del potere economico.
Si può affermare che la costruzione, in fase ormai avanzata, di una forma di democrazia illiberale con una forte torsione autoritaria, si è consolidata.
Sì è imposto un sistema politico, a livello internazionale come all’interno degli Stati, che non riconosce forme di mediazione sociale, che sviluppa una cultura basata sull’uso della forza. Molti dei contenuti della propaganda di regime sono di stampo bellicista, di sopraffazione, di esclusione dei diversi, dei deboli, dei non allineati, di chi è contro il pensiero dominante, in una risultante generale che è una sorta di fascismo strisciante.
Non ci sono remore a difendere e rivendicare, come atto indispensabile, i massacri di intere popolazioni, vedi i palestinesi, fieri della crudeltà esercitata; si arriva a punire e reprimere chi denuncia queste atrocità, vedi il caso della rappresentante per la Palestina all’ONU Francesca Albanese, che si è permessa di denunciare il genocidio in atto e di elencare i nomi dei responsabili e dei complici.
Mai, dai tempi del nazismo, la violenza e il bellicismo sono entrate cosi con prepotenza nel lessico e nel sentire comune
Nel mondo e in Europa assistiamo alla riscoperta del fascismo e del nazionalismo, per salvaguardare i propri interessi di classe
Le guerre in corso sono il paradigma della fine di un equilibrio mondiale retto da accordi che tra l’altro non vengono più rispettati da diversi decenni.
La crisi delle assemblee internazionali, come l’ONU, svelano il gioco degli attori internazionali in questa fase di cambiamento, il riemergere dello scontro inter-imperialistico, mai spento certamente, ora passato alle vie di fatto con armi ed eserciti è lì a dimostrare non solo la fine dell’egemonia USA su gran parte del pianeta, ma ribadisce con violenza il dominio di classe in tutto il mondo.
Le spese per le guerre e per le armi aumentano vertiginosamente in vista di uno scontro armato più esteso. Le potenze economico militari che si sono affermate sulla nuova scena mondiale (si pensi solo a Cina, Russia, Brasile, per citarne alcune) hanno messo in crisi la narrazione storica e il dominio delle aree legate alla potenza militare ed economica degli USA, che come si vede, pur di mantenere l’oligarchia al comando non esita a riesumare teorie reazionarie e a incantare gli imbecilli con politiche autoritarie e razziste che hanno come unico scopo quello di mantenere un potere che vacilla sotto i colpi dello scontro imperialistico.
L’Europa, quella che in molti avevano pensato come prassi alternativa di elaborazione politica, è fallita.
Ciò che resta del vecchio continente sono una oligarchia finanziaria, un gruppo militare legato agli armamenti e alla guerra e un sistema di dominio che riscopre il fascismo e il nazionalismo per salvaguardare i propri interessi di classe, proprio come quello degli USA.
Il riarmo è voluto per salvaguardare il sistema bancario e finanziario
Nel piano di riarmo europeo, che, ricordiamo, può essere declinato indifferentemente come sovranista o europeista, i tanti richiami a serrare le fila per la patria da difendere diventano ridicole forme di propaganda degne della peggior satira nazionalista.
È sulla salvaguardia del sistema bancario e finanziario che siamo chiamati a sopportare guerre e spese militari, questo come insegna la storia è l’ultimo rifugio dell’oligarchia, disposta a incendiare il mondo pur di mantenere i propri privilegi.
Noi non abbiamo mai voluto combattere per la patria, non lo faremo nemmeno per le banche e per il sistema finanziario, contro la Russia ad esempio: la nostra lotta continua con i disertori di tutti gli eserciti, a fianco alla popolazione palestinese, contro il genocidio e la deportazione dei palestinesi perpetrata dal governo fascista di Tel Aviv, non serviremo in nessun esercito, né siamo disposti ad arruolarci contro nessun nemico: il nostro nemico cerca sempre di marciare alla nostra testa, e a spese nostre.
Da sempre la guerra è capofila di una filiera produttiva finanziaria: e ora il debito pubblico collegato alle spese militari viene confezionato come prodotto finanziario e genera nuova liquidità anche speculativa.
Israele ha creato un nuovo paradigma, normalizzando il genocidio in valore finanziario. Dalla sua creazione è uno Stato caserma. Il sistema militare ha pervaso la società. La sua ricchezza, basata sulla guerra, sul militarismo e sull’inevitabile razzismo, è notevolmente aumentata. Basta pensare che dall’inizio del genocidio dei palestinesi le entrate finanziarie in Israele sono aumentate di oltre il 200%.
La storia insegna, che guerre, alleanze militari e gli obiettivi si modificano in base ai rapporti di forza, mai come oggi determinati dalla spesa e dalla tecnologia militare. Ora assistiamo impotenti ad un processo di “Israelizzazione” dei paesi europei.
Ma non è detto che questo processo regga a lungo, possiamo immaginarci un nuovo “si salvi chi può” e trovarci catapultati in un confronto ancora più duro con la nostra potenza capofila, ma declinante, gli USA.
Sempre più necessario, a tutti i livelli, opporsi al capitalismo
Il suicidio politico è evidente in tutti i paesi di Europa, costretti tra la imbarazzante sudditanza alle politiche guerresche di Londra e Washington e la contradditoria necessità di mantenere sbocchi commerciali (e soprattutto energetici) con la vicina Russia. La strada scelta dal capitale europeo è una strada pericolosa, non solo quando assume la faccia marcatamente fascista ed autoritaria, ma anche con quella rappresentata dagli elementi liberali che ancora si sforzano di apparire democratici,
Oggi la lotta contro la guerra e il militarismo passa attraverso un rifiuto netto della società patriarcale e capitalista.
E’ necessario costruire reti di solidarietà e azione a livello locale, nazionale e internazionale per alternative nonviolente per la risoluzione dei conflitti
Opponiamoci al capitalismo, restiamo umani!